Il buco dell’ozono

Che cos’è il buco dell’ozono

Lo chiamiamo comunemente così, ma il buco dell’ozono non è un vero e proprio… buco! Più che una fessura, è scientificamente corretto intenderlo come un assottigliamento.

Si tratta cioè di una riduzione ciclica dello spessore dell’ozonosfera, ovvero lo strato dell’atmosfera terrestre che ha il compito di proteggere la Terra dai raggi solari dannosi.

Le cause

Conseguentemente all’effetto serra, questo assottigliamento è causato dal rilascio nell’atmosfera di clorofluorocarburi (CFC) e bromofluorocarburi (BFC) da parte dell’uomo.

  • I CFC sono sostanze gassose formate da cloro, fluoro e carbonio, presenti in refrigeranti, schiumogeni, bombolette spray e polistirolo espanso. Queste sostanze, se vengono irradiate dalla luce solare, liberano cloro, che reagisce con l’ozono spezzandone i legami e diminuendone la concentrazione nell’ozonosfera.
  • I BFC agiscono allo stesso modo, rilasciando bromo, altra sostanza reattiva con la molecola di ozono.

Non a caso, i CFC sono stati vietati dal Protocollo di Montreal. Sono molto dannosi per l’ozono (O₃): basti pensare che un singolo atomo di cloro può distruggere migliaia di molecole di ozono.

L’Ozono che cosa è?

L’ozono è una molecola composta da tre atomi di ossigeno legati tra loro, presente sia nella stratosfera che nella troposfera. L’ozono stratosferico è quello “buono”: si forma naturalmente attraverso l’interazione della radiazione solare ultravioletta (UV) con l’ossigeno molecolare (O2).

La sua presenza è fondamentale per l’essere umano, in quanto si pone come una protezione imprescindibile contro i raggi nocivi provenienti dal Sole, prima ancora che raggiungano la superficie terrestre. La sua concentrazione viene ridotta dalle sostanze inquinanti prodotte dagli esseri umani.

Ne consegue che lo strato di ozono stratosferico si assottiglia, dando origine al fenomeno del buco dell’ozono. L’ozono troposferico, pur essendo la stessa molecola, ha invece un effetto molto negativo: in prossimità della superficie terrestre, è un inquinante dannoso nei confronti degli ecosistemi e dell’uomo.

Si forma per via di reazioni chimiche indotte da sostanze emesse in primo luogo da attività antropiche, prima causa di altre problematiche a livello ambientale, come ad esempio lo scioglimento dei ghiacciai.

L’Ozonosfera

Per ozonosfera si intende quella particolare zona della stratosfera dove si forma l’ozono atmosferico. Circonda la Terra tra i 15 e i 30 km di altezza, e qui l’ossigeno molecolare – con i suoi due atomi – viene trasformato in ozono, ovvero ossigeno triatomico, per effetto della radiazione ultravioletta del Sole.

Possiamo perciò definirla come uno scudo protettivo dell’atmosfera terrestre, che grazie alla sua azione non viene colpita dai raggi solari più nocivi. Il suo andamento è stato monitorato per oltre 40 anni dalla WMO (Organizzazione Meteorologica Mondiale) grazie a strumenti satellitari e sonde chiamate “ozone baloons”, che trasmettono dati sullo stato dell’ozono stratosferico.

La prima volta in cui gli scienziati si sono resi conto di un assottigliamento dello strato di ozono è stata negli anni ’70, analizzando l’area intorno al Polo Sud.

L’assottigliamento avviene principalmente in Antartide e nelle regioni polari, di norma durante la primavera australe: ciò perché nelle zone artiche e antartiche si formano grosse masse d’aria fredda, i “vortici polari”, ricchi di nuvole d’alta quota sulla cui superficie si concentrano cloro e bromo.

Nel momento in cui il Sole irradia la zona, avviene la scissione dell’ozono. E così il buco si allarga. Le sostanze nocive, sebbene non più propagate perché rese vietate, si trovano ancora nell’atmosfera e continuano a reagire con l’ozono.

Tuttavia, secondo le stime della Nasa, il buco dell’ozono si ridurrà entro il  2070 circa. Ci vorranno dunque decenni prima che si torni ad una concentrazione globale di ozono come quella dei livelli preindustriali.

buco dell'ozono

Chi ha scoperto il buco dell’ozono?

A scoprire l’esistenza di questa minaccia per il nostro Pianeta furono il professor Frank Sherwood Rowland, docente di chimica all’Università della California, e Mario Molina, suo assegnista di ricerca. I due, nel 1974, pubblicarono su Nature uno studio che appurava come alcuni gas artificiali, i CFC, stavano per distruggere lo stato di ozono in alta quota.

Questa scoperta confermò che una molecola di CFC ci mette circa sei anni per arrivare dal livello del suolo all’alta atmosfera, dove poi staziona per circa 100 anni. In un secolo, è in grado di distruggere 100mila molecole di ozono, con questo processo: il cloro si lega ad una molecola di ozono, ne spezza i legami, e poi si lega ad un’altra molecola, facendo altrettanto. E così via, in un ciclo che non ha fine.

Buco dell’ozono: conseguenze per l’uomo e l’ambiente

La riduzione dello strato di ozono comporta l’aumento della quantità di radiazioni che raggiunge la superficie terrestre. Questo perché lo strato di ozono assorbe quasi tutti i raggi solari nocivi, in particolare le radiazioni UV-B al 95% e tutte le UV-C, lasciando invece libere quelle UV-A.

Il buco dell’ozono ha dunque delle conseguenze disastrose nei confronti di tutta la vita di microrganismi, animali, piante e anche sull’uomo.

In particolare, le radiazioni non filtrate dallo strato di ozono possono causare melanomi sull’epidermide e tumori della pelle, oltre a recare danni irreversibili sulla retina dell’occhio (fino a portare alla cecità).

Ci possono essere conseguenze negative anche dal punto di vista ambientale, dal momento che i raggi solari più dannosi non consentono la fotosintesi clorofilliana. In altre parole: minore crescita delle piante e minor produzione del fitoplancton oceanico. Insomma, un aumento del buco dell’ozono andrebbe ad alterare gli equilibri del nostro Pianeta.

I rimedi

Per contrastare il buco dell’ozono è necessario in primo luogo ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera. Ma non basta: serve anche adottare nuovi gas propellenti, in sostituzione dei pericolosi clorofluorocarburi.

Questi ultimi, anche grazie a diversi accordi internazionali firmati tra i vari Paesi del mondo, non vengono quasi più utilizzati nella produzione industriale. Il più famoso dei trattati è Il Protocollo di Montreal, firmato nel 1987 ed entrato in vigore due anni dopo. Il suo contenuto prevede l’impegno da parte dei 196 Stati firmatari di ridurre la produzione e l’uso di quelle sostanze che minacciano la sopravvivenza dello strato di ozono.

Dunque, la politica internazionale ha un peso rilevante nella lotta al buco dell’ozono; tuttavia, anche noi nella vita di tutti i giorni possiamo contribuire, non acquistando e usando prodotti che contengono clorofluorocarburi, come alcuni spray, deodoranti e prodotti per la casa. Inoltre, è bene fare una manutenzione costante del proprio frigo, freezer e condizionatore: essi usano il freon, un fluido refrigerante che può danneggiare l’ozono.

Lascia un commento